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Quello che cerco


Dal dolore di un pianto passato mi svegliavo. Il calore era quasi assente come il profumo della vita vera. Ma non potevo ricordare e tutto pareva così serio. In piedi già avevo dimenticato ciò che lì mi aveva portato. Un solo pensiero avevo nella mente: “La dovevo trovare”. Su questo freddo foglio di silicio cominciai a camminare. Dietro di me c’era il vuoto e il buio, ma non vi detti grande importanza e verso il centro di quel corpo mi sentivo scivolare. Davanti a me la torre saliva come di vetro silenzioso, voleva toccare il cielo che non c’era. Entrai allora come in una prima stanza, sempre buia e grigia. Ero solo ma non mi importava, perché sentivo scorrere in me la forza: come dai piedi nudi saliva al cuore e alla mente, ristorando l’anima. “Dovevo trovarla”. Allora cominciai a correre in preda alla fretta, non sapevo verso dove, ma intuivo come il cucciolo alla mammella della cagna. Salivo già una scala quando mi ritrovai a scendere di nuovo e a camminare come uccello nell’aria ed anche se ero costretto da muri di lega e da flussi di sfere, non li urtavo e non li incontravo, come se ognuno camminasse per la sua strada.

Ora fluttuavo in luci opache e mi sembrava di essermi perso quando mi fusi nuovamente in rame. Stavo perdendo il vero punto di vista. Stavo deviando dall’interno di quel cristallo, dovevo ricominciare. Non volevo fare la storia del resto. Fu allora che ripensai a lei e, andandovi incontro, capii che l’avrei dovuta scoprire. Non mi bastava sapere che esisteva e che da sempre attorno vi giravo.

Ripresi a camminare e stavolta, con più sforzo, riuscivo finalmente a distinguere i livelli della costruzione e a capire dove mi trovavo, ma non era importante tanto dovevo solo salire. Come in un viaggio facevo nuove conquiste. Fu così che come cadendo scoprendo di volare, vidi il primo colore: era il rosso fu così che scoprii perché la cercavo. Come poter descrivere quella sensazione. No, non era una sensazione, capii più in là che era un sentimento. Continuai a camminare e dal balcone vidi nuovi sistemi e nuovi soli, ma la loro luce non arrivava anche se ne sentivo solo la presenza. Ecco che aprii di nuovo gli occhi, fu allora che vidi il giallo che si mescolava nel rosso. Si scioglieva e cadeva nella goccia. Il cielo si oscurò nuovamente e poi vidi stelle e luna. Mi tuffai nel mare e cominciai a nuotare. Il sapore brillante del sale sulla lingua, mi spingeva ad apprezzare ancora quel viaggio, ripensai alla strada che già avevo fatto e dissi: “Sono ancora a metà”. Mentre dicevo questa frase, la notte e il mare mi entrava nel cuore, la luce attorno alla luna cadeva in pioggia e mi sentii circondato da un nuovo sentimento, era il blu, adesso riuscivo ad avere la visione sempre più chiara. Che strana parola “chiara” solo ora assumeva il vero significato.

Gli altri guardavano il mio viso, nei miei occhi capivano la mia nuova onda, molti passavano senza darvi importanza ma altri assumevano un nuovo colore nel corpo e li vedevo gonfiare e sbuffare. Allora piangevo di gioia e dolore così scendendo dalla nuvola una mano gli porgevo. Dalla gola un suono usciva e da annodato prendeva forza e libero tintinnava. Nei suoi occhi allora vedevo boschi vergini e grandi distese di prateria. Fu allora che capii di essere alla fine del viaggio. Mentre camminavo nel giardino, la vidi nel suo splendore finalmente viva. Foglie carnose e vellutate coperte da cinque petali viola, quasi una gemma, finalmente scoprivo la luce. Mi avvicinai, ascoltai il suo profumo. La colsi.




Rodolfo Candido








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